Anche se un po’ fuori tema, ma non del tutto, riporto con piacere una
fiaba scritta da un mio caro amico, in cui fortunatamente si ha un finale
lieto. Di questi tempi, dove crisi economiche, collassi finanziari, scandali politici e chi più ne ha più ne metta, credo che un po’ di sana
speranza e fiducia nel futuro non faccia mai male, anche se questa è solo ed esclisivamente una favola.
Ad ogni modo, questa che vado a pubblicare è soltanto una delle tante fiabe che presto faranno seguito con
un libro di prossima uscita scritto dal mio grande amico Domenico Passiatore.
Un grande in bocca al lupo per il suo libro e speriamo che la storia da lui
narrata possa in qualche modo accadere anche a noi.
Andrea Viaggi
C’era una volta, in un posto neanche troppo lontano una
famiglia come tante altre in quei tempi, erano tempi duri per la brava e povera
gente del villaggio che onestamente lavorava e che sempre più, era costretta a
fare enormi sacrifici per dare, donare ai suoi figli il futuro che essi
meritano.
Tra loro c’era il piccolo Ico, un bravo bambino che
desiderava con tutto se stesso sollevare la sempre più grigia situazione della
sua amata famiglia e del suo villaggio cui tanto era affezionato.
Non appena diventato ragazzo il timido Ico lasciò la sua
casa, la sua gente e i suoi più cari amici alla volta di un paese lontano, a
lui ostile ma indispensabile per esaudire il suo nobile desiderio. Il suo villaggio, come tutto il regno,
era governato da un re molto cattivo che non amava per niente la sua gente, e
trattava male, e imponeva ai suoi sudditi tante dure leggi, tante onerose tasse
che impoverivano sempre più il suo regno.
Il
re era circondato da tanti funzionari regali che si arricchivano e divertivano
sulle spalle degli impotenti sudditi che, impauriti dal potere immenso del loro
sovrano, chinavano sempre il capo sopportando ingiustizie e angherie.
Prima di partire il giovane Ico si recò da una vecchina sua amica molto
cara che, guardando gli occhi tristi di Ico in procinto di partire prese dal
suo vecchio baule dei ricordi una penna.
Col sorriso che la caratterizzava,
tornò poi dal suo giovane amico e stringendoli le mani in segno di affetto gli
donò la penna dicendo lui, con voce stridula che quella non era una semplice
penna, ma che, se fosse stata usata da un cuore tenero e nobile avrebbe ferito
più di 100 spade d’oro!
Ico spaventato
dagli avvertimenti della vecchina tornò subito a casa e raccontò tutto ai suoi
amati genitori.
Essi rassicurarono il piccolo convincendolo ad usare la penna per
scrivere le emozioni del suo cuore e di fare sempre tesoro degli insegnamenti
della sua famiglia, di non avere timore di nulla e che loro sarebbero stati
sempre al suo fianco.
Terminato il lungo viaggio Ico incontrò per la sua strada un giovane
amico, un ragazzo minuto e biondo di nome Reda e insieme si diressero verso
casa. Nel paese era giunto il giorno tanto atteso della festa, giochi
saltimbanco e tanta euforia investirono tutto il regno, anche il re non volle
mancare alla festa cui impose il suo nome e, circondato dalle sue temibili guardie,
si godeva sul suo comodo trono quella particolare visione di felicità quasi
contagiosa.
Alla grande festa parteciparono anche Reda e Ico che, vestiti con l’abito
della festa passeggiavano nella piazza ridendo e scherzando con tutti i
simpatici abitanti del bel Paese. A un certo punto Ico si
avvicinò al grande libro posto al centro della piazza, sul quale libro, e in
quel solo giorno, il vincitore del torneo dei cavalieri avrebbe potuto incidere
il suo nome, la possibilità di scrivere il proprio nome sul grande libro era di
notevole prestigio poiché consacrava il vincitore come il più forte dei
cavalieri di tutto il regno.
Reda all’insaputa del suo amico iscrisse Ico al torneo confidando nell’audacia
e bravura del suo compagno.
Ico incredulo partecipò al torneo, sfidò con successo forti e valorosi
cavalieri e a sorpresa si ritrovò a disputare la finale contro il campione in
carica, il suo re.
Il
re era un ottimo cavaliere, maneggiava con estrema sapienza la sua spada d’oro
con la quale aveva conquistato il suo regno, era molto fiero e pieno di se e
non temeva affatto sull’esito della finale.
Ico era incoraggiato da tutto il regno che sperava di avere la meglio,
almeno per un giorno, sul cattivo re.
Ico in battaglia si dimostrò abile e forte e dopo una lotta difficile ed
estenuante ebbe la meglio sul suo re.
Era arrivato il
momento tanto sognato da tutti gli abitanti del regno, la possibilità di
rendere il proprio nome immortale e prestigioso, Ico impugnò la penna avuta in
dono dalla cara vecchina e, guardando il suo amico Reda pensò nobilmente di
scrivere il suo di nome, onorando così un amico, che tanto gli era stato vicino
e tanto aveva fatto per lui.
Non appena scritto il nome del suo amico sul grande libro Reda si
avvicinò al grande libro, ringraziò commosso Ico e gli promise tanta felicità
Reda prese dalle mani di Ico la penna che lo aveva consacrato, mentre si
dirigeva verso il re, il trepido Reda
si trasformò in un imponente cavaliere dai lunghi capelli dorati, la penna di
Ico si tramutò per magia in una potente lancia d’oro con la quale il misterioso
cavaliere apparso dal nulla trafisse e uccise il re.
Il salvatore del regno andò da Ico, gli consegnò la lancia d’oro
e in una bellissima cerimonia lo nominò il re del bel paese.
Ico giurò eterna fedeltà e promise al cavaliere che avrebbe regnato con
saggezza e umiltà; il cavaliere prese per mano Ico, lo abbracciò e annunciò al
suo popolo il nuovo re, dal cuore tenero e nobile che sicuramente avrebbe
restituito la pace e la serenità al bel paese.
I festeggiamenti durarono per sette giorni, c’era uno spirito nuovo nel
regno, tutti erano felici e contenti, amavano il re che non perdeva occasione
per dimostrare loro la sua gratitudine.
Il misterioso Reda, cavaliere magico partì subito dopo la cerimonia e
con se portò per sempre via dal regno ingiustizia e infelicità.
Domenico Passiatore
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